"Ora, ora mai più la casa ti accoglierà in letizia, né la sposa
ottima, né i dolci figli ti correranno incontro a contendersi
i primi baci, né invaderanno il tuo cuore di tacita dolcezza.
Non potrai essere uomo di prospere imprese, né sostegno
ai tuoi. A te misero miseramente" dicono "un solo giorno
avverso tutti ha tolti i molti doni della vita".
Ma questo, a tale proposito, non aggiungono: "né più
il rimpianto di quelle cose ti accompagna e resta in te".
Se ciò vedessero chiaro con la mente e vi s'attenessero con le parole,
si scioglierebbero da grande angoscia e timore dell'animo.
"Tu certamente, come ti sei assopito nella morte, così sarai
per tutto il tempo che resta, esente da tutti i dolori penosi.
Ma noi insaziabilmente abbiamo pianto te ridotto
in cenere sull'orribile rogo lì vicino, e nessun giorno
ci leverà dal petto l'eterna tristezza".
Questo dunque a costui bisogna chiedere: che mai ci sia
di tanto amaro, se la cosa si riduce al sonno e alla quiete,
perché uno possa consumarsi in eterno lutto.
Anche ciò gli uomini fanno quando si son messi a tavola
e tengono in mano le coppe e velano la fronte con le corone: dicono,
dal profondo dell'animo: "Breve è questo godere per i poveri uomini;
presto sarà passato, né dopo sarà mai possibile farlo tornare".
Come se nella morte questo dovesse essere il peggiore
dei loro mali: essere arsi e disseccati, gli infelici, da un'arida sete
o essere oppressi dal rimpianto di qualche altra cosa.
In realtà nessuno sente la mancanza di sé stesso e della vita
quando la mente e il corpo riposano insieme assopiti.
Per quanto riguarda noi, infatti, quel sonno può durare
in perpetuo, né alcun rimpianto di noi stessi ci affligge.
E tuttavia, attraverso le nostre membra quei primi principi
non vagano affatto lontano dai moti sensiferi
quando un uomo, strappatosi al sonno, raccoglie sé stesso.
Molto meno, dunque, si deve credere che sia per noi la morte,
se può esserci meno rispetto a ciò che vediamo esser nulla;
giacché maggiore dispersione della materia perturbata
segue alla morte, né alcuno si risveglia e si leva,
una volta che l'abbia colto la fredda pausa della vita.
De Rerum Nature... Libro III - Tito Lucrezio Caro
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